Profumi nella antica Roma
Approfondimenti

Profumi nell’Antica Roma

UNGUENTI PROFUMATI NELLA ROMA ANTICA

Nella Roma antica più che di profumi si parlava piuttosto di unguenti profumati, ricavati da petali di fiori, spezie o altri elementi naturali, provenienti soprattutto dall’Oriente e dai paesi dell’antica Grecia. E il loro utilizzo era molto differente rispetto a quello cui siamo abituati.

Tradizionalmente gli unguenti odorosi venivano impiegati per curare malattie, scongiurare epidemie oppure a scopi religiosi. Ce lo suggerisce il termine latino stesso da cui deriva la parola profumo: “per fumum” cioè attraverso il fumo.

Secondo antichissime usanze infatti gli unguenti profumati venivano gettati sui bracieri dai sacerdoti per creare una lingua di fumo profumata che saliva al cielo, fino a raggiungere gli Dei. I Romani, ma anche altri popoli antichi, come Egizi ed Etruschi, ossequiavano così gli Dei per chiederne benevolenza.

Sacerdote romano brucia degli unguenti
Un sacerdote romano impegnato nell’uso del braciere per un rito religioso (dipinto di John William Waterhouse)

Dall’Egitto all’Antica Roma gli unguenti profumati venivano utilizzati anche per le purificazioni del corpo. In quel periodo infatti non era ancora conosciuto l’uso del sapone per l’igiene personale, e l’alta borghesia romana, i Patrizi, usavano detergere il corpo con un impasto di argilla mista a olio, che asportavano poi con uno strumento in metallo a forma di uncino piatto, chiamato “strigile”.

Donne romane nei bagni di Pompei
Donne romane nei bagni di Pompei raffigurate da Lawrence Alma-Tadema

Questo tipo di purificazioni potevano avvenire anche in casa o nelle palestre dell’epoca. Ma è proprio nelle terme, all’interno di appositi spazi chiamati Unctorium, che i Patrizi amavano farsi massaggiare con unguenti e olii profumati. Anche nell’acqua delle terme molto spesso venivano mischiati olii o, addirittura, vino.

Gli unguenti profumati erano protagonisti anche nei momenti più conviviali, come in occasione di banchetti ufficiali. Era uso comune mescolare alcune gocce di olii essenziali in acqua e bagnare i tavoli e i triclinii dove i commensali avrebbero consumato i pasti. E non solo, durante il pasto alcuni schiavi erano preposti a introdurre delle colombe in grandi ciotole d’acqua con olio profumato per poi farle volare sopra le teste degli ospiti, così che il battito delle ali nebulizzasse acqua profumata sugli invitati.

Tra gli aneddoti storici che riguardano i profumi è noto quello di Cesare, che usava avvolgersi nelle note profumate del Telinum, un unguento oleoso ricavato da fieno greco, maggiorana e meliloto.

L’imperatore Cesare non era l’unico ad avvolgere il corpo nel profumo. Le donne romane oltre a spalmarlo sul corpo, usavano il profumo per ornare i capelli. Anche questa tradizione sembra arrivare dalla Grecia e dall’Egitto. Le donne Egizie o Etrusche impastavano erbe o fiori, particolarmente odorosi, con del grasso o della cera d’api formando dei piccoli coni da introdurre nelle acconciature dei capelli. Una volta esposti al sole i coni si scioglievano emanando effluvi profumati.

Matrona romana con profumi tra i capelli
Matrona romana intenta a farsi acconciare i capelli da una schiava (dipinto di Juan Giménez Martín)

Nonostante quindi ai tempi non esistesse ancora il profumo come lo conosciamo oggi, possiamo comunque affermare che nel corso della storia dell’Impero Romano questo prodotto ebbe la sua lunga evoluzione. Iniziando a muovere i suoi primi passi dapprima in ambito medico e religioso, e solo in un secondo tempo come cosmetico, strumento di bellezza e status symbol.

DA DOVE VENIVANO LE MATERIE PRIME

Le materie prime usate per creare gli unguenti erano provenienti tutte dai luoghi conquistati dall’esercito romano. Per cui i primi approcci alle sostanze odorose furono per mano dei soldati Romani e dei mercanti, che importavano non solo le materie prime, ma anche i relativi utilizzi.

Nel corso del tempo i Romani impararono anche a preparare profumi, unguenti, acque profumate e polveri odorose. Proprio a loro dobbiamo la distillazione, grazie alla tecnica del soffiaggio, e l’utilizzo di ampolle di vetro per contenere il profumo.

Le sostanze arrivavano da molte parti del mondo conosciuto allora. I mercanti viaggiavano con carri carichi di tutto ciò che poteva far mercato. Grandi carovane che provenivano dall’Egitto, dalla Siria, dall’Etiopia, dalla Cina e dal Medio Oriente e da altre regioni del Mediterraneo, arrivavano fino a Roma grazie al trasporto su navi onerarie.

Patrizi in un momento conviviale
Un momento conviviale tra Patrizi immaginato da Gustave Boulanger

LA MODA DEL PROFUMO AI TEMPI DI CESARE E CLEOPATRA

La febbre del profumo contagiò tutti i ceti, dai Patrizi fino ai plebei. Se in Egitto Cleopatra teneva una sorta di diario delle sue creazioni profumate, arrivando a profumare le vele delle sue navi in occasione di battaglie, non mancano gli aneddoti anche sugli imperatori Romani.

Le navi di Cleopatra con vele profumate
Le navi di Cleopatra ritratte da Lorenzo Alberto Castro in occasione della Battaglia di Azio

La leggenda narra che Nerone spese quattro milioni di sesterzi (24 milioni di euro se trasposti ad oggi) per una festa privata nella sua Domus Aurea, dove fu sparsa sugli invitati una pioggia di petali di rosa bagnati della sua costosa essenza preferita. Ma non fu l’unico! Plutarco nei suoi scritti racconta di Cesare che mangiava asparagi conditi con un unguento aromatico e non con del semplice olio.

Pioggia di petali durante una cena nella Roma Antica
Pioggia di petali durante una cena (dipinto di Lawrence Alma-Tadema)

CHI CREAVA I PROFUMI DURANTE L’IMPERO ROMANO

E se imperatori, matrone Patrizi e persino i soldati amavano cospargersi il corpo, i vestiti e i capelli di sostanze odorose, chi erano questi grandi artigiani che davano vita a tutto questo? Nell’antica Roma non esistevano ancora i Maestri Profumieri, i nasi artistici come li conosciamo oggi.

La creazione di questi ornamenti era appannaggio di chi poteva permettersi di “giocare” con le materie prime. Ogni unguento veniva creato in base alla disponibilità degli ingredienti, che mutavano a seconda delle conquiste dell’esercito romano, e dei carichi che sbarcavano nei porti dell’Impero. In base al ceto sociale cambiavano il tipo di olio, la sua ricercatezza e purezza.

Quello del maestro unguentario era un ruolo soprattutto maschile. Fino a quando la grande diffusione di questo prodotto anche tra Liberti e i Plebei non fece diffondere questo mestiere anche tra le donne. Le fonti storiche confermano che anche le donne erano addette all’arte profumiera con due esempi molto famosi.

Il primo viene da Pompei, dalla Casa dei Vettii, dove è presente un meraviglioso affresco di alcuni putti che lavorano queste sostanze, e una Ninfa intenta a travasare le profumazioni da una botte a delle piccole ampolle.

L’altro affresco famoso si trova a Roma, all’interno di Villa Farnesina. Qui si può ammirare una fanciulla seduta su uno sgabello che, appunto, travasa in una boccetta un olio profumato. Ciò nonostante, non è possibile parlare di vera arte del profumo, o almeno non come la intendiamo oggi.

Affresco di donna con profumo a Villa Farnesina a Roma
Affresco di donna con profumo a Villa Farnesina, Roma

QUALI ERANO LE MATERIE PRIME PIÙ DIFFUSE NELL’ANTICA ROMA

Le materie prime più diffuse, facili da reperire, provenienti dalle dominazioni romane, erano: la rosa, il melograno, la lavanda, la mela cotogna, l’uva, il rosmarino o il basilico. Le materie prime più pregiate, invece, erano la cannella, la mirra, l’opobalsamo (cioè il classico incenso). Infine, resine e radici.

QUANTO COSTAVANO I PROFUMI A ROMA NEL II SECOLO d.C.

Il culto dei profumi era diffuso non solo tra ricchi borghesi, ma anche tra le classi più povere dell’antica Roma. Qual era quindi il costo di un profumo all’epoca? Sulla produzione degli unguenti incidevano molto le materie prime, che arrivavano quasi tutte dall’estero, soprattutto dai paesi del Mediterraneo come Alessandria d’Egitto, all’epoca il più importante porto commerciale dell’Oriente.

Donne egizie annusano profumi
Tre donne Egizie ad un banchetto con i coni di profumo sulle parrucche in un affresco nella Tomba di Nakht a Tebe

All’epoca i profumi non venivano creati con base alcolica, ma con olii e parti grasse. Per quelli più pregiati inizialmente veniva usato dell’olio di oliva o olio di mandorle amare, sostituite nel tempo con dell’Omphacium, rispettivamente, olio di oliva e succo di uva (raccolte ancora verdi, acerbe e lavorate).

Dare il prezzo ad un singolo profumo non è facile. Anche perché, oltre alla creazione dell’essenza stessa, è da considerare parte integrante del costo la bottiglia che lo conteneva. I Romani sono stati dei precursori da questo punto di vista. Le matrone romane ne avevano di fogge diverse, a volte anche in puro oro. Quindi al costo delle materie prime andava sommato quello del contenitore.

Ne esistevano di coccio, vetro, vetro soffiato, alabastro, bronzo, piombo, argento, oro e potevano essere impreziositi da pietre preziose. A forma di sfera, colomba, testa di donna, tubolare, a coppa, piriforme o ovoidale.

Per farci un’idea ancora più precisa della passione per i profumi da parte dei Romani e dei costi che erano disposti a sostenere basta pensare alle storie leggendarie inventate solo per aumentare il prezzo del profumo, come il recupero della cannella in Etiopia. “Per procurarsi questa preziosa materia prima bisognava arrampicarsi su rupi inaccessibili e protetta da nidi costruiti da una Fenice”. Lo stesso Plinio, che ha trascritto questo aneddoto, lo trovava una trovata commerciale per aumentarne il prezzo.

Il profumo più costoso della Roma antica fu probabilmente il “Regale Unguentum“. Ce lo fa supporre un aneddoto che riguarda l’Imperatore Tiberio. Da fonti storiche sappiamo infatti che un giorno in Senato prese la parola per lamentarsi dell’enorme spesa che Roma sosteneva per queste sostanze aromatiche ed esotiche, circa 100 milioni di Sesterzi. Considerando che a Roma un Sesterzio aveva il valore corrente di 6 euro possiamo capire quanto fossero esclusive le profumazioni.

Banchetto romano
Banchetto ai tempi dell’Impero Romano (illustrazione di Roberto Bompiani)

DIFFERENZE TRA PROFUMI ANTICHI E QUELLI DI OGGI

La differenza sostanziale tra le Eau de Parfum di oggi e gli unguenti profumati dell’Antica Roma sta proprio nella base con cui vengono creati. L’uso dell’alcool e della distillazione, intenta a sostituire le sostanze grasse, avviene solamente nel IX secolo d.C. Alcune fonti storiche attribuiscono l’introduzione del processo di distillazione agli Arabi, mentre ci sono altre testimonianze che attribuiscono l’arte della distillazione all’Istituto Superiore delle Scienze di Salerno, sempre intorno all’anno mille.

L’alcool è più pratico. Ha la proprietà di essere molto volatile, quindi si asciuga subito sulla pelle, non sporca e a livello economico è più accessibile. Rispetto ai profumi come li conosciamo oggi, gli unguenti a base grassa permettevano di conservare il profumo più a lungo e di non farlo alterare nel tempo. Inoltre, trattandosi di un prodotto completamente a base naturale, dava meno problemi di irritabilità cutanea, ma i prezzi erano sicuramente di molto superiori a quelli di oggi.

COSA SUCCESSE CON LA FINE DELL’IMPERO ROMANO

Al contrario di ciò che possiamo pensare la storia del profumo non è lineare. Se veniva utilizzato dai Greci e dai Romani, molte epoche storiche sono prive di riferimenti sull’utilizzo del profumo.

Con la caduta e la fine dell’Impero Romano e l’avvento del Cristianesimo, che come missione aveva prima di tutto far morire nella memoria del popolo ogni connessione con il Paganesimo, anche l’utilizzo del profumo subì una frenata d’arresto. Tutto ciò che era considerato di origine pagana fu ricusato. Ma dato l’uso originario terapeutico che si faceva delle sostanze oleose questo tornò ad essere esclusiva dei più facoltosi che, grazie alla “conoscenza”, erano in grado di valutare cosa fosse bene o male.

La maggior parte delle persone praticanti l’arte profumiera, per paura o per condanne, smisero. Chi continuava a farlo lo faceva in gran segreto e isolatamente dal resto del mondo. Con il tempo solo alcuni religiosi ricominciarono la pratica, grazie ai cosiddetti Giardini dei Semplici.

Giovani donne arabe creano un profumo
Ritratto di due giovani donne arabe alle prese con la creazione di una fragranza (dipinto di Rudolf Ernst)

Il profumo fa ritorno nella storia solo verso il 1200, quando durante le Crociate ripresero gli scambi commerciali tra Oriente e Occidente, riportando a Roma spezie e aromi che divennero di utilizzo comune nelle applicazioni profumate. Da qui ha inizio l’arte del profumo, fino a diventare ciò che conosciamo oggi. 

3 commenti su “Profumi nell’Antica Roma

  1. Avatar for Francesca Francesca ha detto:

    Bellissimo articolo.
    Grazie!

  2. Avatar for Menio Pietrobono Menio Pietrobono ha detto:

    Brillante ed esaustiva trattazione di uno degli argomenti forse meno noti degli usi e dei costumi della Roma Antica. Complimenti Stefania!

    1. Avatar for Stefania Sanna Stefania Sanna ha detto:

      Professor Pietrobono detto da Lei mi lusinga moltissimo. Grazie infinite!

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